VILLA ADRIANA - Visita con un libro sotto il braccio.

In una tiepida giornata di fine aprile, alle falde dei Monti Tiburtini, a sud-est di Tivoli mi incammino in un pianoro di ridente e pacata bellezza, movimentato da valli e colline.
Un lungo viale, costeggiato da tigli in fiore,  si inerpica lentamente, ma il percorso è molto gradevole. E mi porterà a Villa Adriana,  incredibile complesso residenziale che l'Imperatore Adriano si costruì  in due fasi dal 118 d. C.
Ho in mano la planimetria generale della Villa Adriana e sto cercando di scegliere il percorso migliore, quello che mi permetterà di apprezzare le varie costruzioni. Sono ferma di fronte al Pecile che in origine era costituito solo dal doppio porticato che chiude ora, il piazzale con la piscina centrale. Il porticato permetteva di passeggiare in tutte le stagioni, godendo il fresco nella stagione calda lungo il lato esposto a nord, sfruttando, invece in inverno il lato esposto a sud.
Mi si fa incontro  un uomo:  
". di alta statura, di aspetto elegante, i capelli docili al pettine, con barba abbondante, che nascondeva le cicatrici del volto. Di corporatura robusta si intuisce che ama cavalcare e passeggiare ed esercitarsi spesso nell'uso delle armi e nel lancio del giavellotto.."  ( tratto dalla Historia Augusta ).
E' lui, l'Imperatore Adriano, il mio anfitrione, tutto preso dal desiderio di spiegarmi la sua Villa.
".la Villa era la tomba dei viaggi, l'ultimo accampamento del nomade, l'equivalente, in marmo, delle tende da campo e dei padiglioni dei principi asiatici."  ( tratto da Memorie di Adriano  di M. Yourcenar  Einaudi Editore  pag. 122 )
Mentre mi muovo dietro a lui, la mia mente mi riporta brani di quello splendido libro, mi arrivano a ondate notizie della sua vita privata che mi permettono di capire dove sono, in questa giornata di primavera.
L'Imperatore costruì il complesso su una tenuta di 120 ettari ritenuta, in parte, di proprietà della moglie, Vibia Sabina.  ." Da semplice privato, avevo cominciato a comprare e mettere insieme pezzo per pezzo, i terreni che si estendono ai piedi dei monti Sabini, al limitare delle sorgenti, con l'ostinazione paziente di un contadino che amplia le sue vigne."  (pag. 236 ). Volle chiamare le varie parti della villa con i nomi di luoghi e monumenti famosi da lui visitati:  l'interesse e la grande passione per i viaggi, che lo portarono a visitare gli immensi territori dell'impero è conosciuta. Inoltre era anche un instancabile ammiratore di quei luoghi , attratto come era dal bello della natura e dalle tradizioni degli uomini.
".Dal ritorno del mio grande viaggio in Oriente, m'ero messo con una specie di sacra frenesia a completare lo scenario immenso di quell'opera già quasi terminata.  . Tutto era predisposto per regolare il lavoro così come il piacere: la cancelleria, le sale per le udienze, il tribunale dove avrei giudicato in ultimo appello cause difficili, m'avrebbero risparmiato faticosi andirivieni fra Tivoli e Roma. ."  (pag. 236- 237 )
Mi spiega così la sua volontà a costruire :
". Costruire, significa collaborare con la terra, imprimere il segno dell'uomo su un paesaggio che ne resterà modificato per sempre; contribuire inoltre a quella lenta trasformazione che è la vita stessa delle città. ."  (pag. 120 ). Posso solo condividere le sue parole, mentre osservo i resti grandiosi di ciò che aveva costruito: ha senza dubbio lasciato un segno in questa terra!
Aggiunge, mentre superiamo il Pecile per dirigerci verso un nuovo edificio: ". Quando visitavo le città antiche, città sacre, ma, morte, senza alcun valore attuale per la razza umana, mi ripromettevo di evitare alla mia Roma quel destino pietrificato d'una Tebe, d'una Babilonia, d'una Tiro. Roma sarebbe sfuggita al suo corpo di pietra, e come Stato, come cittadinanza, come Repubblica si sarebbe composta un'immortalità più sicura. . Roma non perirà che con l'ultima città degli uomini. ."  ( pag. 107 )
L'Imperatore mi fa strada per un percorso un po' tortuoso, attraverso una strana sala che lui indica come la Sala dei Filosofi e sorridendo mi dice che gli archeologici non hanno ancora compreso la sua  vera destinazione che non era quella di una biblioteca destinata a conservare papiri e pergamene come tutti hanno finora pensato. E' convinto che se osservassero meglio le nicchie si renderebbero conto che forse ospitava un ciclo statuario che conferiva, insieme alla ricercata decorazione del pavimento, una ricchezza e maestosità tale da assegnarle un ruolo di alta rappresentanza. Mi chiede se ho capito dove stesse la Sala del Trono. Non mi azzardo a fare ipotesi, ma forse questa stanza sarebbe la più indicata.
Da questa sala si accede ad un singolare edificio a pianta circolare al quale è stato assegnato, in modo del tutto arbitrario, un nome fantasioso: si tratta della Villa dell'isola detta Teatro Marittimo. E' circondato da un muro che lo isola dalle strutture adiacenti. Mentre si aggira fra le varie stanze cerca di farmi comprendere: " . nel cuore di quel ritiro m'ero fatto  costruire un asilo ancor più celato, un isolotto di marmo, contornato di colonne, una stanza segreta che un ponte girevole, così lieve che si può con una mano sola farlo scivolare nella sua corsia, unisce alla riva, o piuttosto, segrega da essa. In quel padiglione feci trasportare due o tre statue a me care, e quel piccolo busto d'Augusto fanciullo che Svetonio m'aveva dato ai tempi della nostra amicizia; all'ora della siesta, mi recavo là per dormire, per pensare, per leggere.  ."  (pag. 237 )
Mi aggiro per la Villa accompagnata dall' Imperatore: qualche volta mi precede, quasi volesse controllare, ancora una volta lo stato delle costruzioni, dopo i nuovi restauri e i nuovi scavi che hanno riportato alla luce nuove parti della Villa.
Poi torna indietro e come de parlasse fra sé continua un discorso che pareva essere stato lasciato in sospeso: ". Ho ricostruito molto: e ricostruire significa collaborare con il tempo nel suo aspetto di  < passato >, coglierne lo spirito o modificarlo, protenderlo, quasi, verso un più lungo avvenire; significa scoprire sotto le pietre il  segreto delle sorgenti. La nostra vita è breve: parliamo continuamente dei secoli che hanno preceduto il nostro o di quelli che lo seguiranno, come se ci fossero totalmente estranei ."  (pag. 121 )
A questo punto Adriano si allontana, altre cose, altri impegni dell'Impero?
Da sola continuo la mia visita, fino a raggiungere uno dei complessi più originali e spettacolari della Villa: il Canopo. E' inserito in una  lunga e suggestiva valletta, regolarizzata e arginata da un muro. Al centro vi è un lungo bacino d'acqua e tutto intorno un gran colonnato. L'Imperatore Adriano vi  ha riportato memoria dei suoi molti viaggi, le meraviglie viste in Egitto alle quali vi ha aggiunto copie delle Cariatidi dell'Eretteo dell'Acropoli di Atene. La sua ammirazione per l'arte Greca, per l'ellenismo è qui percepibile in maniera totale anche per la raccolta di repliche di opere dell'Artemision di Efeso, di Kresilas e di Fidia. Il Canopo, secondo una recente interpretazione, rappresenterebbe simbolicamente il corso del Nilo.
". Ogni pietra rappresentava il singolare conglomerato di una volontà, di una memoria, a volte di una sfida. Ogni edificio sorgeva sulla pianta di un sogno. ."  (pag. 122)
Lascio a malincuore, solo al tramonto questo incredibile luogo, dopo essermi goduta il panorama dall'edificio della Rocca bruna, ora completamente restaurato. Veniva qui l'Imperatore ad osservare le stelle?
Nella mente permangono le parole di un Imperatore che si sentiva responsabile per la bellezza del mondo:
". TRAHIT SUA QUEMQUE VOLUPTAS . Ciascuno la sua china. . Il mio era racchiuso in questa parola: il bello, di così ardua definizione a onta di tutte le evidenze dei sensi e della vista.  ."  (pag. 127 )

La villa dell'imperatore Adriano di Tivoli è patrimonio dell'umanità. La decisione di inserire l'area archeologica tiburtina nel club dei grandi è datata  Dicembre 1999. Villa Adriana è ora nella lista dei siti italiani del patrimonio mondiale dell'Unesco, il cui comitato formato da membri di tutto il mondo ha così motivato la decisione: «Unisce in maniera unica le più alte forme di espressione per le culture materiali del Mediterraneo».


MEMORIE DI ADRIANO  di Margherita Yourcenar
Einaudi Editore 1988 

E' un libro di quei libri che fanno da pilastro in qualsiasi biblioteca.
E' la biografia di un uomo potente, la descrizione di un impero, il ritratto della società romana e dei suoi uomini, basata su studi e ricerche di una vita intera; l'uso della prima persona nella scrittura ci avvicina alla figura imponente di quest'uomo come la stessa autrice spiega nei 'Taccuini di appunti' "Se ho voluto scrivere queste memorie di Adriano in prima persona è per fare a meno il più possibile di qualsiasi intermediario, compresa me stessa. Adriano era in grado di parlare della sua vita in modo più fermo, più sottile di come avrei saputo farlo io".
Un uomo, stanco e ammalato scrive al nipote "Mio caro Marco..." così, com'è naturale che sia. L'uomo è l'imperatore Adriano e il suo interlocutore il giovane Marco Aurelio, nipote adottivo e futuro imperatore. Adriano sente la morte vicina e la lettera che doveva solo servire ad informare il giovane Marco del suo stato di salute si trasforma nel racconto di una vita. Adriano rievoca la sua giovinezza in Spagna, i vaghi ricordi del padre morto quando lui era poco più che un bambino, i suoi studi, i suoi viaggi in Grecia, le campagne militari, le prime cariche pubbliche a Roma, il difficile rapporto con il cugino imperatore, Traiano, le confidenze di Plotina e poi l'impero, la riforma dell'esercito, la ricerca della pace, nuove leggi, grandi opere pubbliche e la perdita del caro Antinoo. Sofferenze e gioie, vittorie e sconfitte di un grande uomo che lascia come monito al nipote poche parole: "Cerchiamo d'entrare nella morte ad occhi aperti..."