LETTERE D'AMORE - Sibilla Aleramo Salvatore Quasimodo - ( Ed. NICOLODI agosto 2001) di Velabianca


"Milano, 6 febbraio 1935

Amore, ora sono io ad attendere una tua parola. Ebbi il telegramma e la lettera, appena a Milano; e ogni giorno ho sperato che la tua voce mi venisse a cercare. Questo presagio di primavera mi aveva messo in cuore una voglia di canto; ma è tornata la nebbia, e vedo il cielo di Lombardia nemico e lontano. 

Che farò senza amore, senza nessuno che mi voglia bene? Ti rivedo, su in alto; la tua mano pallida vuole salutarmi ancora. Il calore è anche luce nella tua stanza, la notte. Ti sento vicina al mio corpo stanco: ho desiderio di amare. 

Anche tu sei stanca; ma non sei cenere, amor mio nel mio cuore. Ritornerò, tu dici, e se potrò vivere un po' della tua vita saprai, cara, di quanto cuore io abbia bisogno per sopportare la terra. Tu dici: " Sì alla terra". 

Vorrei con te poter credere alla "volontà". Inganno triste, disumano, della poesia.

Vedrò Solmi in questi giorni, ma tu Sibilla non lasciare il tuo cuore deserto di me.

Ti bacio lungamente tuo Salvatore"


Sibilla aveva quasi 60 anni, Salvatore 35....

" Roma 27 Marzo 1935

Amore,
questa volta dovrei veramente dirti "cattivo". Perché scrivermi: "io so che mai quelle mie sillabe potranno farti tuo amore"? Come se io non amassi tutto ciò che ha prodotto la tua arte, anche quei versi che più mi straziano. 

Come se non fosse la tua poesia che prima m'ha avvicinata al tuo cuore. 

Certo, non ti amo soltanto per il tuo genio, e così non vorrei che tu amassi in me solo la scrittrice. Ma perché fare queste distinzioni? Ci si ama integralmente, o non ci si ama, 

E tu mi accetti con tutti i miei anni, se mi ami, e tutti i miei affanni; ed io ti ho preso nella mia vita, con la tua voce quasi "disumana", sì, per troppa intensa umanità, forse; e in te mi perderò, se vorrai, felice, sino a che, come scrivevi, " foglie cadranno sui nostri corpi ignudi".

Mandami il tuo nuovo canto, dunque. Merito d'esser io la prima a leggerlo?

E non disperare, Virgilio, se non vuoi che anch'io mi abbatta stremata, io che non voglio credere che questa del tuo amore sia una mia nuova illusione, più feroce di tutte.

Ci daremo ancora gioia, amore mio.

Ieri dal treno la primavera mi comandava tanto soavemente di vincere, di non lasciarla trascorre tutta lontana da te. Troveremo il modo, vedrai. Mi batterò fino all'ultimo, per non perdere la "nostra" vita.
..............."


Il titolo del libro può trarre in inganno un distratto lettore, che pensa di avventurarsi nella sola lettura di un epistolario amoroso. E' anche questo, ma rappresenta anche l'incontro fra due figure che sono state così rappresentative della cultura e della letteratura italiana del XX Secolo: due personaggi la cui fama è stata ( ed è ancora ) nota in tutto il mondo.

Sono lettere d'amore appassionato: in cui Sibilla Aleramo non nasconde il suo lato più femminile. Lei la scrittrice femminista per eccellenza, lei che a quasi sessant'anni ( e con quale vezzo lo dice!) si innamora di un giovane trentenne.

Lei che sentimentalmente aveva un matrimonio fallito e una serie di "vagabondaggi" amorosi ( un legame con lo scrittore Giovanni Cena, una relazione tempestosa con il poeta Dino Campana.)

Sibilla era donna particolare, un fascino intellettivo notevole, capace di annotare di sé stessa sul Diario con sconsolata ironia: "Ho fatto della mia vita, come amante indomita, il capolavoro che non ho avuto così modo di creare in poesia".

Avventurarsi nelle " Lettere d'amore" è come entrare nella loro vita privata: si percepiscono tutte le difficoltà di un amore travagliato: la passione di Sibilla e il distaccato pensiero di Salvatore, e nonostante questo la necessità continua di ritrovarsi, forse perché accomunati dagli stessi interessi culturali e spirituali e dallo stesso bisogno di amore e di vita autentica.

" Virgilio, ( così si firmava Salvatore Quasimodo) tu impari solo adesso che cosa è l'amore. Non l'hai mai sentito, né per creature giovani, né per quelle che hanno suscitato la tua pietà.
Sibilla."

Che stesse forse parlando della prima moglie di Quasimodo Bice Donetti e dell'amante Amelia Spezialetti in attesa di un figlio da lui? Il sentimento più generoso che poteva legare le due donne era forse solo la pietà.

Ed è forse per questo che le lettere di Quasimodo non hanno il trasporto dell'innamorato: l'amore per Sibilla nasceva sulla complicazione della lontananza e soffocato dai sensi di colpa.

Ma disse anche ( quando oramai si erano separati ): " Amando te, anche da lontano, sono certo che avrei costruito diversamente la mia vita."


"Ti rivedo: sei ancora piccola, hai paura ti arrossi gli occhi per il troppo amore. Ma i tuoi occhi sono limpidi: in esso io bevo come un prigioniero. Scrivimi a Milano. 
Ti bacio Quasimodo."

Sibilla sapeva riconoscere la felicità, cerca di indicarla al poeta, come certezza di vita insieme: lei, donna innamorata, diventa "forza della natura" pronta a cercare soluzioni affinchè lui possa viverle accanto.

Dalle Lettere compaiono anche tutti i rapporti che i due personaggi della letteratura italiana hanno con altri scrittori.

Quasimodo accenna alla sua amicizia con Alfonso Gatto, Leonardo Sinisgalli, Domenico Cantore e Giancarlo Vigorelli; altri ancora: Elio Vittorini, Sergio Solmi, Eugenio Montale. 

Si colgono nelle Lettere giudizi taglienti nei confronti di alcuni scrittori: il tutto rende questo epistolario anche uno spaccato, straordinariamente incredibile, autentica e sincera, della scena culturale di quegli anni.


Salvatore Quasimodo nacque a Modica (Ragusa) il 20 agosto del 1901 e trascorse gli anni dell'infanzia in piccoli paesi della Sicilia orientale , seguendo il padre che era capostazione delle Ferrovie dello Stato.

Nel 1919, appena diciottenne, Quasimodo lasciò la Sicilia con cui avrebbe mantenuto un legame edipico, e si stabilì a Roma. 

In questo periodo continuò a scrivere versi che pubblicava su riviste locali soprattutto di Messina, trovò il modo di studiare in Vaticano il latino e il greco presso monsignor Rampolla del Tindaro. 

L'assunzione nel 1926 al Ministero dei Lavori Pubblici, con assegnazione al Genio Civile di Reggio Calabria, assicurò finalmente a Quasimodo la sopravvivenza quotidiana. 

Nel 1930 pubblica il suo primo libro di versi "Acque e terre", poi nel 1932 " Oboe sommerso"; " Erato e Apòllion" nel 1936; "Poesie" nel 1938; "Lirici greci" nel 1942; "Ed è subito sera" nel 1942; "Giorno dopo giorno" nel 1947, "La vita non è sogno" 1949; "Il falso e vero verde" nel 1954; "La terra impareggiabile" nel 1958; "Dare e avere" del 1966. 
Nel 1959 gli viene assegnato il Premio Nobel per la Letteratura.

Muore a Napoli il 14 giugno 1968.


Ed è subito sera

Ognuno sta solo sul cuor della terra 
Trafitto da un raggio di sole:
ed è subito sera.


Al di là delle onde

Al di là delle onde delle colline
Non t'è sfuggita la vita per cabale
o ibridi emblemi di zodiaco o sillabe
e numeri ordinati a riscoprire
il mondo. Ma sei stato in prigionia
a misurare, con la sabbia e il sangue,
i silenzi le voci della morte,
al di là delle onde delle colline.


Alle fronde dei salici

E come potevamo noi cantare
con il piede straniero sopra il cuore,
fra i morti abbandonati nelle piazze
sull'erba dura di ghiaccio, al lamento
d'agnello dei fanciulli. all'urlo nero
della madre che andava incontro al figlio
crocifisso sul palo del telegrafo?
Alle fronde dei salici, per voto,
anche le nostre cetre erano appese,
oscillavano lievi al triste vento.


Sibilla Aleramo, il vero nome è Rina Faccio, nasce ad Alessandria il 14 agosto 1876. 

Si dedica ben presto alla letteratura e al giornalismo. 

Nel 1899 si trasferisce a Milano dove dirige il giornale " L'Italia al femminile". Nel 1902 è a Roma: qui entra in contatto con l'ambiente intellettuale e artistico. 

Nel 1946 si iscrive al PCI e inizia un'attività di conferenza e congressi. Muore a Roma il 13 gennaio 1960 dopo una lunga malattia.
Le sue opere: 1906 "Una donna"; 1919 "Il passaggio"; 1920 "Momenti"; 1920 "Andando e stando"; 1927 "Amo, dunque sono"; 1930 "Gioie d'occasione"; 1932 "Il frustino"; 1938 "Orsa minore"; 1945 "Dal mio diario"; 1947 "Selva d'amore"; 1949 "Il mondo È adolescente"; 1951 "Aiutatemi a dire"; 1956 "Luci della mia sera"


Della stessa curatrice, Bruna Conti, del carteggio Sibilla Aleramo e Salvatore Quasimodo: 

Sibilla Aleramo, Dino Campana
Un viaggio chiamato amore
Lettere 1916-1918
Ed. Feltrinelli