Bookcrossing!

articolo di Vittore Baroni

State tranquillamente passeggiando in un parco quando su una panchina notate un libro abbandonato.

Ancora non lo sapete, ma vi siete imbattuti in un caso di bookcrossing.

Incuriositi, aprite il volume e dietro la copertina trovate un’etichetta con alcune succinte spiegazioni: quel libro è di chiunque lo trovi e sia interessato a leggerlo, ma una volta letto va nuovamente “liberato”, lasciandolo in un luogo pubblico dove altri possano scoprirlo e raccoglierlo.

Per saperne di più sull’originale catena di scambio, l’etichetta rimanda anche ad un sito web (www.bookcrossing.com) ove sarà possibile, tramite il numero di serie assegnato al volume, ricostruirne tutti gli spostamenti e leggere eventuali annotazioni lasciate da coloro che lo hanno avuto tra le mani.

Nel sito troviamo pure un sistema di ricerca per individuare  tutti i libri (di qualsiasi epoca e genere) in circolazione, una sorta di caccia al tesoro planetaria con indicazioni su nazioni, città e luoghi precisi dove i libri sono stati abbandonati.

Nella sola Italia, al momento in cui ho visitato il sito, c’erano oltre 2500 libri in attesa di essere trovati, tra cui due – sorpresa! – nella mia cittadina. Una volta familiarizzato con le semplici regole del bookcrossing, potremo anche decidere di prendere parte attiva al gioco, lasciando in giro buoni libri di cui non abbiamo più bisogno, non senza averli prima “registrati”, ovvero dotati di apposita etichetta e di numero di riconoscimento (come un codice ISBN alternativo).

Il tutto funziona gratuitamente e nel pieno rispetto della reciproca privacy. Pare facile e bello, no?

Lanciato nel 2001 dal trentaseienne Horn Backer di Kansas City, il bookcrossing si è diffuso negli USA con una velocità sorprendente, contagiando presto altri paesi (in Europa, si può fare riferimento al sito associato www.rinaldiweb.it/eurobc/it).

Le cifre sono impressionanti: 23 milioni di visitatori in soli due anni, oltre 60 000 “scambisti” e quasi 200 000 titoli registrati (il record va ad una signora di mezz’età della Georgia che, da sola, ha già “liberato” oltre 2000 libri).

Gli americani hanno però il dono di trasformare buone idee in idiozie commerciali e un tantino insospettisce il look patinato del sito ufficiale, che oltre ad esibire un bel trademark sul logo, dispone già di una sua linea di merchandising (t-shirt, tazze, cappellini e paccottiglia varia) oltre a link diretti con catene di vendita.

Il che stride non poco con le vere origini (taciute) del progetto, in quanto l’idea tanto abilmente confezionata e divulgata di Baker circolava in realtà da anni in varie forme negli ambienti controculturali legati alle problematiche del “nocopyright”.

Bene hanno fatto quindi i curatori della trasmissione Fahrenheit di Radio 3 a (ri)appropriarsi del concetto di bookcrossing TM (che poi è sempre esistito: mai trovato un giallo lasciato nello scompartimento del treno da un precedente viaggiatore?), ribattezzato PassaLibro e diffuso in una versione radiofonica che ha subito fatto proseliti.

Che non si tratti di un’idea da “diritti riservati” lo dimostrano del resto anche altre esperienze similari in cui è facile imbattersi in rete, fenomeni di condivisione letteraria ispirati da Napster (il sito Bookster, poi mutato in Bookshare, contiene ad esempio migliaia di titoli in formato audio e braille rivolti a persone non vedenti o dislessiche) e operazioni in sintonia col movimento anti-copyright, come il progetto “Parole Libere” lanciato dalla poetessa e artista newyorkese Sal Randolph (www.freewords.org).

Costei ha stampato in 2000 copie un libro dalla copertina rosa shocking, Free Words, appunto contenente 13 000 parole di pubblico dominio, lo ha quindi furtivamente disseminato su banconi e scaffali di librerie di varie città, con la dizione “no copyright” in bella evidenza.

Un’operazione concettuale il cui motto (“Free Word è un libro che appartiene a chiunque lo trovi”) ricordo da vicino il progetto di Luther Blisset, “nome multiplo” appartenente a chiunque ne faccia uso.

Ben vengano dunque altri plagi, scippi e variazioni sul tema del bookcrossing, ovvero di una seppur modesta simbolica “rivoluzione” dal basso dei modi di fruizione letteraria, rivolta non tanto contro l’economia già di per sé disastrata del mercato (la finalità primaria non è leggere libri gratis) quanto contro le fredde logiche commerciali e la netta separazione dei ruoli promessa dall’industria culturale: editori e critica decidono cosa i lettori devono acquistare, i libri vanno gelosamente conservati e non – eresia! – lasciati in giro esposti alle intemperie. La cultura dovrebbe essere, si sa, un bene comune, un momento di socializzazione e di libera circolazione di idee, temi che lo “scambialibro” solletica in chiave ludica, facendo dell’opera letteraria un oggetto d’affezione pronto ad essere condiviso nella sua fisicità (la “storia” di un volume nel suo passare di mano in mano) come nei contenuti (tramite giudizi e commenti appuntati da ciascun partecipante alla catena).

La fase successiva, emersa spontaneamente, è stata quella di organizzare raduni (“Meet Up”) di appassionati del bookcrossing. Dal forum di discussione www.meetup.com risulta addirittura che la città col maggior numero di incontri finora realizzati è Roma.

Quindi, la prossima volta che notate un libro abbandonato sul tavolino di un bar, invece di guardarvi intorno alla ricerca del distratto proprietario, provate a dare una sbirciatina…