Qui sono raccolte le recensioni comparse su LEGGERE e SCRIVERE nelle settimane precedenti.

  

Marco     il mio  bookshelf...

Indice:

Male d'amore  di Angeles Mastretta

Arabi danzanti di Sayed Kashua

Il contrario di uno  di Erri De Luca 

Gli incontri casuali  una cronaca di Velabianca dalla fiera del libro di Torino 

La scatola dell'inventore  di Allen Kurzweil 

La cerimonia del massaggio  di Alan Bennett 

Il libro di cucina  di Alice B. Toklas

Saga  di Tonino Benacquista

84, Charing Cross  di Helene Hanff

La signora Dalloway  di Virginia Woolf

Il mio nome è Asher Lev  di Chaim Potok

La casa del sonno   di J. Coe 

Lettere d'amore  di Sibilla Aleramo, Salvatore Quasimodo

Diario Mediterraneo  di Raffaele Nigro

La Signora del Rinascimento  di Daniela Pizzagalli

Memorie di Adriano  di Margerita Yourcenar

Aura  di Carlos Fuentes

La porta del diavolo  di Frédéric Richaud

Stella Meravigliosa  di Yukio Mishima 

 

"Male d'amore"  di Angeles Mastretta 

(Feltrinelli/1998 - traduzione dallo spagnolo di Silvia Meucci, pagg. 284, titolo originale "Mal de amores", 1995)

Passione per la vita, passione amorosa, passione politica e sociale; non si possono scindere i temi conduttori che animano e fanno palpitare il testo della scrittrice messicana, Angeles Mastretta, senza disarticolare la naturalità con la quale vivono i personaggi e senza scomporre il ritmo incalzante della narrazione. 

L'animo e l'azione di persone che decidono di sacrificare tutto, di rischiare ogni cosa in nome di un'ideale di fedeltà a se stessi ed alla propria gente sono la trama sottesa alla storia della famiglia Sauri, in parte pueblana, in parte yucateca, alla quale nessun uomo e nessuna donna si può avvicinare senza rimanere contagiato dall'ansia di vivere, di conoscere e di esprimere in ogni campo il proprio amore per l'esistenza. 

Questo è un precetto che non va tradito, anche se scoppia la rivoluzione messicana, anche se la causa del popolo viene sopraffatta dalla dittatura, anche se le circostanze portano a scelte sofferte e travolgenti. 

Non credo che servano parole diverse per rendere il senso più intimo della storia di quelle che l'autrice fa pronunciare a Milagros, la magica zia, come augurio nel momento della nascita della nipote, Emilia Sauri, 

«Bambina, i miei doni sono la follia, il coraggio, l'ambizione e l'irrequietezza. La fortuna degli amori e il delirio della solitudine. Il gusto per le comete, per l'acqua e per gli uomini. Desidero per te intelligenza e ingegno. Uno sguardo curioso, un naso dotato di memoria, una bocca che sorrida e maledica con precisione divina, gambe che non invecchino, un pianto in grado di restituirti la fierezza. Ti auguro di avere il senso del tempo che hanno le stelle, la tenacia delle formiche, il dubbio dei templi. Spero che tu abbia fede negli àuguri, nella voce dei morti, nella bocca degli avventurieri, nella pace degli uomini che dimenticano il proprio destino, nella forza dei tuoi ricordi e nel futuro come promessa che contiene tutto ciò che non ti è ancora accaduto. Amen».

 

"Arabi danzanti"  di Sayed Kashua

Per tutta una serie di motivi, in questi anni, molti si sono interessati alla cultura araba, ed agli scrittori di quei paesi.

Incuriosita, dopo un discorso con un amico, trovandomi davanti questo libro, l’ho comperato e letto.

Come al solito, sono andata a pescare un libro “atipico”.

Sayed, il protagonista, nato a metà degli anni settanta in un villaggio arabo, vive l’incredibile “fortuna” di essere ammesso, per una serie di circostanze favorevoli (tra cui i suoi meriti scolastici) in un esclusivo collegio israeliano. 

Come ripete sempre suo padre: meglio essere cittadini di serie B in uno stato sionista, che cittadini di serie A in uno stato arabo.

E lui si impegna a fondo…dai disagi iniziali per uniformarsi ad abitudini che non conosce, passa ad uno stato di identificazione “fisica”…il migliore complimento per lui, è quando gli israeliani gli dicono che non sembra arabo…

Il libro è articolato in una serie di racconti biografici che formano un unico tracciato del suo percorso di vita, la consapevolezza di non essere più né l’uno né l’altro… la presa di coscienza, di non esserlo forse mai stato.

Ma la cosa piacevole, per me, è stata la descrizione degli stati d’animo comuni, di un uomo normale, al di là di questa situazione storicamente emblematica e attuale. Sayed in tutte le circostanze della vita si sente fuori posto rispetto a ciò che sa che dovrebbe provare e sentire, secondo la logica e la morale comune.

Non ha paura di dire ciò che prova…per quanto sia impopolare. Non ha sentimenti “giusti” né per la sua patria, né per l’altra, né nei confronti della sua fortuna, né della sua famiglia. Soffre il disagio di sentirsi sempre inadeguato, ma ha il coraggio di leggersi dentro.

A volte mi sembra di sapere cosa mi calmerebbe. Posso immaginarmelo. So a che cosa aspirare. Vorrei infilarmi a letto con un libro.” 

Di tutta la famiglia, nessuno comprende i suoi sentimenti contrastanti. Solo con la vecchia nonna, con cui coabita temporaneamente con moglie e figlia, condivide un disagio profondo e disperato, vomitando…
Non è un libro triste, tuttavia.

Lui rimane sé stesso, malinconico e non vincente, certo, ma ha voluto essere così.

 

 

"Il contrario di uno" - Erri De Luca - di alfiere

(I narratori/Feltrinelli - € 11.50 - ISBN 88-07-01638-9)
http://www.feltrinelli.it/SchedaAutore/SchedaLibro?id_volume=5000098 

A partire dalla dedica del libro:
"Alle madri, perchè a essere in due comincia da loro" passando dal poema dedicato alla madre Emilia, per poi passare tutti i racconti che compongono il libro, mette in evidenza il rapporto del due, l'essere in due, ma lo fa in un modo, con il suo modo di raccontare che provoca empatia. 

Trovo che De Luca ha un modo di scrivere che non ti tiene lontano, non ti vuole come spettatore, ma ti tira dentro, come se lo stessi scrivendo tu, o come dice lui in un altro passo, parlando di quadri e di pittura: 

"Capii per la prima volta che in ogni quadro ci si mette vicino, pure addosso all'autore, nel suo stesso punto. A leggere molti libri, vedere molti quadri uno prende così spesso il posto dell'autore da diventare come uno di loro. Dura poco, resta però l'impressione di coincidere."

Ci riesce perfettamente.
Altri brani tratti dal libro che mi hanno particolarmente colpito e non commento, perchè ogni mio commento sarebbe non solo superfluo, ma quasi dannoso:

"...I baci non sono anticipo di altre tenerezze, sono il punto più alto.  Dalla loro sommità si può scendere nelle braccia, nelle spinte dei fianchi, ma è trascinamento. Solo i baci sono buoni come le guance del pesce.  Noi due avevamo l'esca sulle labbra, abboccavamo insieme.".... 

"...finisco il pane e la fetta di cacio, poi mi stendo a guardare il soffitto.  Oggi il capomastro ha caricato di blu dentro la mescola, è così fitto da spiccicare lacrime. Guardo il cielo da bambino, da quando la postina mi disse che a guardare sempre i boschi gli occhi pigliano il verde.

"...nella macchina noi stretti vicini, tu sotto una coperta mi hai cercato la mano e l'hai tenuta. Ho stretto gli occhi per strozzare il tempo. Gli occhi ci riescono. .......... Ho amato e conosciuto i corpi accalorati e presi nell'avvinghio, ma quella mossa tua è una bandierina piantata in mezzo al vento di una cima, dove non si può più salire in alto verso un'intimità maggiore, dove quella raggiunta è inabitabile. Da lì bisogna scendere. ....."

"Tutti i nostri passi hanno seguito un desiderio. Per esaudirlo abbiamo dovuto metterci i piedi sopra e calpestarlo."

"Siamo due: in parete è molto più del doppio di uno. ..... Mi tiro su scansando la sua testa, il nosto due si distacca di nuovo a dipanare una bava di corda tra noi: siamo un'unica bestia che s'infila verso l'alto....."

Per me è un libro bellissimo. Non può lasciarti indifferente.

 

Gli incontri casuali... - una cronaca di Velabianca dalla fiera del libro di Torino

Gli incontri casuali hanno il bello della sorpresa: non sei pronta a ciò che succederà, non hai veloci capacità di reazione. Se hai qualche abilità acquisita negli anni, forse riesci a nascondere l’emozione, a tacitare il tremolio della voce e a non far domande sceme.

Gli incontri casuali, favoriti da quel “caso” tanto vituperato da alcune categorie ( i mancati miliardari della Lotteria, gli amanti scoperti…) il “caso “, dicevo in questo caso sta dalla nostra parte.

Luogo: Salone del Libro.

Si calcola che 6000 persone lo abbiano visitato in tre giorni, un bel numero per un paese come l’Italia che al fondo di tutte le classifiche di lettura. In Italia non c’è via di mezzo: o si legge tanto, o non si legge per nulla. Confortano le statistiche che indicano nei giovani il numero più alto dei lettori: si deve forse all’impegno di certi professori che “obbligano” alla lettura di una decina di libri in un anno scolastico?

Cattiveria a parte, torniamo al nostro luogo. Perfetto per un delitto da perpetuarsi fra la folla, che vaga tra gli stand degli Editori. Scusate, ma qualcuno ha notizie della sparizione di una casa editrice come IL SAGGIATORE e di PARAVIA ? Entrambe non erano presenti? C’è forse in corso un altro riassetto, di cui mi è sfuggita notizia?

Personaggio: un esordiente scrittore.

Si calcola che nel cassetto di ogni italiano ci sia un libro pronto per la stampa. 

Alzi la mano chi non lo ha? Ecco, i soliti, ma sono anche coloro che non leggono. 

Dicevamo aspiranti scrittori che diventano esordienti e che al Salone del Libro di Torino presentano il proprio volume.

Fatto: incontro casuale.

Esiste un luogo interno al Salone del Libro detto “ Villaggio dello Scrittore”, gestito da una Libreria Indipendente ( già il nome indica un coraggio da leoni nella crisi attuale…) è un luogo piccolo, molto accogliente ( ti offrono anche un bicchier d’acqua ) espongono le loro scelte in bell’ordine e accolgono gli Scrittori che vogliono avere un contatto con i propri lettori.

Alle 13 però anche i lettori più incalliti hanno fame, molti si sono svegliati presto, hanno viaggiato e quindi è giustificabile la scelta che li ha allontanati per portarli al self-service.

Alle 13 però al Villaggio degli Scrittori arriva anche Giorgio Faletti, tentando di farsi credere più un lettore che uno scrittore, tentando di farci credere di essere solo un comico, uno che sa far ridere.


Faletti Giorgio, nato ad Asti nel 1950, che per tanto tempo ( come dice lui ) ha creduto che gli abitanti di Asti fossero tutti gli astemi, è lì che si aggira da lettore, mentre è suo il maggior successo ottenuto in libreria: il thriller 'Io uccido', uscito nel novembre scorso, è balzato in vetta alle classifiche - postazione che tuttora mantiene - diventando un caso editoriale.

Lui che , laureato in Giurisprudenza , aveva debuttato al Derby Club di Milano con i Bisio, i Teocoli, i Rossi per arrivare nel 1985 alla trasmissione Drive in per poi continuare in un salendo di comico televisivo.

Una operazione al ginocchio lo tiene bloccato per due mesi nel 1991 e Faletti si avvicina alla musica utilizzando questo tempo morto: stare con le mani in mano non è da lui. 

Così scrive canzoni per Mina, Milva, Fiordaliso, Gigliola Cinquetti. Cominciano le sue collaborazioni con Branduardi e pare che fra i due sia nata una forte amicizia proprio perché complementari l’uno all’altro.

Faletti si blocca una nuova volta fisicamente: questa volta è dura, deve ricominciare da capo. Ma lui ha tenacia e risale la china e si aiuta con una nuova terapia quella della scrittura. 

Scrive di getto, e, come dice lui:

… se tu fossi stata qui mentre scrivevo ti saresti resa conto che è stato un delirio. Ho scritto tutto saltando qua e là da un punto all'altro della storia, senza scaletta e lavorando dove mi pareva quando ne avevo voglia. Ho quest'idea che uno deve lasciarsi guidare dall'istinto, altrimenti diventa una storia ragionata che uno non riesce a scrivere. Letteratura da spiaggia, o forse da treno… ".

Scrive di getto un capolavoro del Thriller : “IO UCCIDO “ edito da Baldini & Castaldi di quasi 700 pagine che si legge con piacere, che lo porta ad essere paragonato a tutti i grandi del Thriller compreso il grande Jeffrey Deaver, per esempio, che in più occasioni ha avuto per Faletti - lo scrittore e la persona - parole di grande stima e simpatia. In effetti il modello americano è molto presente in Io uccido. E con piena consapevolezza.


Faletti è qui, al Villaggio dello Scrittore, accanto a me, che non sento ancora i morsi della fame e forse non li sente neanche lui. Mi guarda con i suoi occhi di mare aperto, e sorride imbarazzato: e questo sarebbe il caso dell’anno?

Questo è un grand’uomo, ricavando il significato di un uomo di grandi capacità ed umiltà.

Nasconde le mani nella giacca di pelle, certamente gioca con la biro, sento il clic e clac della molla: non ho il suo libro a portata di mano, sta chiuso in fondo alla sacca che mi sto trascinando. Mi chino alla sua ricerca e glielo porgo e lui , mi fissa con gli occhi spalancati: 

- Devo firmartelo? 

Beh, certamente non te lo vendo… e penso a quegli autografi ottenuti a fatica, da personaggi scocciati…

Si impegna nella dedica… Grazie… e poi azzardo:

- Facciamo uno scambio? Alla pari?

E gli regalo un mio libricino, un decimo del suo. 

E nel prenderlo in mano vedo gli occhi del lettore onnivoro osservare la copertina, sorride divertito e divertita lo sono anche io.

- Buona Fortuna!
- Anche a te Faletti…

Un casuale … incontro! 

 

"La scatola dell’inventore" - Allen Kurzweil - di rosarossa

Scrivo su questo libro che ormai ha dieci anni, mentre in libreria spopola fra gli adepti di questo autore l’ultimo che ha scritto: “L’orologio di Maria Antonietta”. 

Chi non ha mai letto un libro di Kurzweil, prima o poi deve leggerlo… Non gliene verrà nulla di male (nel senso che il libro è piacevole) e, in compenso, guadagnerà qualcosa. 

Forse, vedrà cose nuove (o vecchie ma con occhi diversi…) e muovendosi all’interno di un libro scritto con tutti i crismi!


Mi rendo conto di quanto queste considerazioni siano soggettive…cosa intendo per “con tutti i crismi”? 

Ad esempio un bel finale. Ci si contenta anche di meno. Certe volte (spesso) un bel libro è un bel libro e ci tiene compagnia piacevolmente, e gli si perdona se poi il finale è un po’ deludente. 

Spesso si ha l’impressione che l’autore si sia lui stesso annoiato ad un certo punto, e abbia terminato come meglio poteva. Qui non succede. 

Il finale di questo libro è come una musica barocca, in accordo con l’epoca in cui è ambientato…un crescendo lievemente esaltante cui l’autore, bontà sua, ci fa partecipare, e noi, in quel brutto momento in cui le pagine cominciano a scarseggiare, abbiamo ampio margine per vedere ancora cose e per divertirci…

Il nome del libro è quello dell’invenzione portante che fa da motivo conduttore: il ritrovamento di una “scatola” a somiglianza delle “camere delle meraviglie” riprodotte nelle nature morte del Seicento, che raccoglievano una serie di oggetti considerati dai proprietari particolarmente strani e preziosi. 

Mentre quelli delle “wunderkammer” erano oggetti messi insieme per la loro eccezionalità e nell’intento di stupire, quelli della “scatola dell’inventore” sono oggetti emblematici, scelti per descrivere al meglio, riassumendo, la personalità del proprietario.

Bellissimo esercizio da fare anche noi…ci riusciremmo, a descriverci in una decina di oggetti?

Ho parlato del bel finale perché è la cosa che mi ha colpito maggiormente, ma il libro ha anche un bell’inizio capace di incuriosire e uno svolgimento ben costruito. A patto che piaccia il Settecento…

Kurzweil cita sempre nei suoi libri il periodo che va dal Settecento all’inizio dell’Ottocento e dice: “Sono attirato da questo secolo, il XVIII, non perché è il momento delle rivoluzioni politiche, ma è il momento innovativo delle idee, della scienza, si può ancora capire il mondo.”

Il momento, in sostanza, in cui le idee innovative ispirano le azioni degli uomini, e sotto l’apparenza frivola di certi comportamenti, si cela il risvolto materialistico necessario per compensare una vita spesso spesa interamente per realizzarle.

La storia è quella di un ragazzo, intelligente, geniale, portato per la meccanica, in un’epoca in cui la società era rigidamente ordinata per caste e non bastava la vocazione per intraprendere un mestiere che non ti era destinato… Un quadro storico spesso cinico e duro, ma non senza speranza, perché il finale è un sorriso e uno sberleffo, se non proprio una vittoria, ad indicare che l’importante è vivere la vita, non subirla.

 

"La cerimonia del massaggio" - Alan Bennett - di rosarossa

Credo che tutti, se non hanno letto un suo libro, abbiano almeno sentito parlare di Bennett…

E’ di moda. 

(Questo potrebbe essere un titolo di demerito, non fosse che la sua scrittura è davvero piacevole!) Bennett di recente è stato anche ampiamente saccheggiato dal teatro, che non producendo più autori convincenti in proprio, appena intravede un libro di successo, ne vampirizza il testo (vedi: Pennac. Ma questa è un’altra storia…)

A parlare dei libri di Bennett, si rischia di usare più parole di quante non ne abbia messe lui per scriverli. E sarebbe davvero un peccato.  Questo è il suo segreto: l’essenzialità, (lo stile), l’eleganza.

Ne “La cerimonia del massaggio” (come del resto in “Nudi e crudi”) non c’è una parola di più né una di meno di quante ne occorrano per descrivere un funerale (anzi, giustamente, una “commemorazione”…qualcosa di più soft) che, svolgendosi nella Londra “bene”, si trasforma quasi in un evento mondano.

I partecipanti a questa cerimonia non sanno, mentre arrivano alla spicciolata, di essere così numerosi, e di conoscersi.

E’ morto un massaggiatore trentaquattrenne le cui qualità taumaturgiche, come si scopre via via, non erano dovute solo al massaggio che praticava, ma anche ai rapporti personali che creava con i clienti (maschi e femmine, senza preclusioni) ed agli extra che offriva, con garbo e gentilezza.

La riflessione che quasi tutti fanno, è che Clive, il morto, era riuscito a dare a tutti, pur senza fare mai affermazioni in tal senso, l’impressione di essere, se non gli unici, almeno tra i pochissimi, ad avere quel rapporto così speciale con lui…è l’opera del seduttore. 

La chiesa diventa strapiena di tutto il “bel mondo”. 

Persone che si conoscono tra loro ma non sapevano di conoscere entrambe il morto. Si guardano dritte in faccia o di sottecchi, sapendo bene come stanno le cose, però quasi prendendone atto solo in quel momento.
Ed è qui che accade quello che deve accadere in una vera “commemorazione”: tutti insieme prendono coscienza di quello che rappresentava Clive per loro, e di come non ci sarà più.

Tuttavia, parliamo dell’élite londinese, capiamo che non ci saranno suicidi passionali per la disperazione…semmai rimpianto fra una tartina ed un tè.

A meno che non salti fuori un libretto sul quale Clive annotava i suoi incontri…il che potrebbe rappresentare un grosso disagio per tutti. 

Non salterà fuori. 

Come tale catastrofe sia evitata lo lascio scoprire a quelli che ancora devono leggerlo.

Nella fine del libro c’è come un’apertura ad un’altra storia, cosa che apprezzo massimamente, e che sicuramente sarebbe piaciuta anche al bravo Clive. 

Pace all’anima sua!. 

 

"Il libro di cucina" - Alice B. Toklas - di rosarossa

La premessa importante è che questo è un libro a metà fra cucina e letteratura, scritto dalla donna che visse insieme a Gertrude Stein per più di quarant’anni.

Se vuoi imparare a cucinare, apri un libro e ci trovi una lista di ingredienti e le istruzioni relative. 

Puoi imparare cos’è un roux, che vuol dire mantecare… qualche libro si spinge a cercare di spiegarti dettagliatamente i movimenti “…impugnare la forchetta con la mano destra…imprimere al composto un movimento dall’alto in basso…” cose simili in genere scoraggiano chi già non le sa fare.

Io amo i libri di cucina che sono in grado di evocare atmosfere tali che ti sembra di esserci, di vivere colori ed odori, e piano piano ti lasci andare a cucinare ad orecchio…come se fossi preso da un ritmo. 

Questo è uno di quelli. 

Non importa se le ricette non sempre sono in sintonia con i nostri gusti e le nostre abitudini. 

Non importa se il risultato poi non sarà perfetto… ti insegna piuttosto il modo di porsi nei confronti della cucina, che è anche quello di centinaia di persone che lo hanno fatto prima di te e se assimili la loro cultura, il loro gusto per il bello, per il buono, per il diverso, il loro sapere fluirà anche attraverso le tue mani e cucinerai.

La Storia passa dalla casa delle due protagoniste di questo libro, la guerra, l’amore, il tutto narrato tra una ricetta e l’altra, il che certo sdrammatizza e può forse rappresentare per qualcuno un’eccessiva banalizzazione, ma senz’altro per il lettore è un vantaggio, perché il libro è leggero e piacevole. 

C’è anche da dire che non tutti possono permettersi di iniziare la descrizione di una ricetta dicendo: “Un giorno che Picasso doveva venire a colazione da noi preparai un pesce in un modo diverso dal solito…” 

In questo libro le persone famose abbondano apparendo e sparendo dalla casa della buona cucina. 

E fra tanto fermento artistico, un accenno alla creatività in cucina: “…al momento giusto qualcuno ha un’intuizione e crea, scartando le cose del passato che gli sembrano non necessarie. 

In questo modo si può arrivare ad inventare anche un nuovo modo di cucinare le uova.

Che diventa classico. E’ un piacere per noi, forse anche per l’uovo.”

Alice Toklas osò scrivere questo libro solo dopo la morte di Gertrude Stein..

 

SAGA - Tonino Benacquista - di rosarossa 

Questo libro andava letto subito, prima di essere invasi, volenti o nolenti, dai Grandi Fratelli.

Tuttavia è un peccato privarsene…a testimonianza che non esiste solo Pennac.

Saga è considerato il libro migliore di Benacquista, ed è quello che lo ha fatto conoscere al grande pubblico. 

Poi, come spesso accade, passato il battage pubblicitario, se ne riparla soltanto in occasione dell’uscita di un nuovo libro (vedi: “L’uomo che dormiva troppo” dello stesso autore) e si dà per assodato che tutti lo conoscano.

Sulla scelta del titolo, c’è da ripetere quello che dice un personaggio ad un certo punto: “…Dà l’impressione di conoscere a memoria l’intera vicenda, e che possa durare anni.” 

E’ il titolo scelto per un serial televisivo che è al centro della vicenda. 

Una storia viene commissionata ai protagonisti, sceneggiatori ben contenti di lavorare, e loro si trovano davanti al paradosso mitico che colpisce chiunque scriva: le parole, una volta scritte, hanno il potere di diventare fatti? 

Il dilemma è inquietante e comporta una serie di problemi di coscienza. 

Tonino Benacquista in un’intervista del 1998 spiegava: “…Volevo raccontare una storia su quelli che per mestiere fanno i “cantastorie”: gli sceneggiatori prima ancora dei romanzieri. Mentre la letteratura è un lusso, la fiction è una necessità. Perché molte sono le persone in grado di sopravvivere senza leggere, ma nessuna riuscirebbe a non colmare il bisogno di sentirsi raccontare delle storie”.

 

84, CHARING CROSS - Helene Hanff - di rosarossa

Bisogna lasciarlo riposare qualche ora in frigorifero prima di cuocerlo. E’ questo il segreto.

E’ una pastella e come tale riposando si gonfia leggermente e quando poi si cuoce “…deve gonfiarsi parecchio, deve diventare dorato e croccante, e quando lo si taglia si scopre che all’interno è tutto vuoto…” 

Giuro che non ho letto mai una descrizione più invogliante e precisa dello “Yorkshire pudding” di questa che ho trovato all’interno di “84, Charing Cross”.

Non si parla di cucina in questo dolcissimo romanzo gestito da persone burbere…se mai della mancanza di cibo. 

E’ un libro piccolo e descrive vent’anni di Inghilterra attraverso l’epistolario intercorso tra una scrittrice americana autodidatta ed appassionata di letteratura inglese ed una libreria antiquaria di Londra che le fornisce libri da studiare e occasioni per continuare a sognare la “vecchia Inghilterra” così come lei se la rappresenta . 

Niente come l’Inghilterra è in grado di rispondere alle tue aspettative, è il paese di cui la gente ama di più farsi idee preconcette e contenendole tutte non ti delude mai. 

A dare voce alla libreria sono sporadicamente altre persone, ma il referente principale di Helene sarà Frank Doel, col quale nasce piano piano un rapporto singolare ed insostituibile per entrambi. 

Frank Doel non sembra desiderare dalla vita altro che di essere se stesso così com’è, cosa che quasi mai è vera, ma spesso le brave persone ne sono genuinamente convinte…Lui è una brava persona, ed anche lei, che però è anche una scrittrice e una sceneggiatrice, una costruttrice di immagini.

Complice la natura stessa della “vecchia Inghilterra” Helene si costruisce un luogo della mente nel quale prendersi una vacanza dalla realtà di New York. 

Le basta mettersi davanti ad un foglio bianco e scrivere a Frank per trovarsi in quel luogo. 

Nel tempo, e con le difficoltà della vita, questo luogo gentile le diventa indispensabile, al punto di avere paura di andarci veramente e di misurarsi con la realtà. 

E’ così che Frank ed Helene non si incontreranno mai…sublime concentrato di amore inespresso…con buona pace di tutti, moglie e figlie di Doel comprese, che non hanno niente di cui dolersi.

Frank morirà all’improvviso e solo dopo la sua morte Helene avrà occasione di andare in Inghilterra (!)

Che gente sono questi scrittori, convinti di poter creare le cose soltanto scrivendone? 

E’ vero che, come dice Kureishi, “…le parole sono azioni, e fanno accadere le cose…”?  

 

 

LA SIGNORA DALLOWAY - Virginia Woolf - di rosarossa

Per la serie, come direbbe Calvino, “…libri che hai sempre fatto finta di aver letto e sarebbe ora che leggessi sul serio…” ho letto “la signora Dalloway” di Virginia Woolf.

Salterei le considerazioni stilistiche su quanto quest’opera sia da considerarsi innovativa sia per l’opera della scrittrice, sia per il romanzo inglese in genere (ciascuno può leggersi la prefazione del libro o quant’altro).

L’ho letto per una serie di motivi futili di cui un po’ mi vergogno: il primo è che è previsto un grande revival di questo libro verso marzo quando uscirà un film americano di cui si parla già tanto e sarà piacevole parlarne, se capita, con cognizione di causa. 

Un altro futile motivo è il formato comodo da portare in viaggio, a differenza del libro di Yeoshua che sto leggendo ora che contando seicento e passa pagine è difficile da tenere in borsa…

E’ stato simpatico incontrare questo libro, lievemente struggente ma con molto self control. 

Il tempo passa, la civetteria si sovrappone con qualche difficoltà ma non senza grazia ai primi inequivocabili segni di decadenza fisica, ex ragazze, ex fidanzati, ricordi di estati passate insieme…

Questo libro si snoda come un film, divagando con l’unico nesso dello svolgersi della giornata della protagonista, procede per flashback e inquadrature come quei film inglesi d’ambiente bellissimi e nostalgici in cui i sentimenti vengono solo suggeriti e si sente che nessuno parlerà mai.

L’unica che esprime passioni guarda caso è una ragazza italiana, sposata ad un inglese, che però riesce a malapena a parlare tra sé e sé del disagio di vivere secondo regole che non le appartengono. 

E’ lei che come se si dibattesse contro le pareti di una gabbia ne traccia e ne legittima inconsapevolmente i limiti, fino a trovarsi in una tragedia.

Gli altri, con il loro self control, con i loro equilibri ed il loro trattenersi riescono a barcamenarsi ed andare avanti verso la sera, sarà la metafora della vita?

Malgrado non si discuta sull’originalità del taglio, non mi pare comunque un libro in grado di far cambiare la persona che lo legge, ma un bel documentario umano, sì.

 

IL MIO NOME E' ASHER LEV - Chaim Potok - di rosarossa

Se sei una donna, e decidi di leggere un libro di Chaim Potok, devi cominciare con “L’arpa di Davita”. (Se sei un uomo, con “Danny l’eletto”) 

Ma se dentro di te sai di essere un artista, vai direttamente a “Il mio nome è Asher Lev” sarà un incontro fatale e probabilmente ti aiuterà…

Asher Lev è un bambino, all’inizio di questo libro, e scopre in sé stesso la vocazione a rappresentare il mondo attraverso la pittura. Tutto questo in un ambiente (la comunità chassidica in cui vive) dove la pittura è osteggiata , ed al massimo è consentito disegnare, ai bambini.

Le comunità chassidiche vivono un integralismo ebraico che non consente digressioni dalle leggi precostituite, e sono governate in modo assolutista dal capo della comunità che è una personalità carismatica ed ha un potere assoluto. 

Tutto questo è lontano dalla nostra comprensione e ci sembra sulle prime insopportabilmente oppressivo ed ingiusto, ma via via che la storia si sviluppa entriamo in un’altra dimensione, la nostra percezione di quel modo di pensare cambia e vediamo altri aspetti della cosa…

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LA CASA DEL SONNO - di J. Coe di Ilaria E.

Nella casa del sonno si narrano le vicende di personaggi ricchi di idee e di sogni.

Sono 5 ragazzi che studiano ad Ashdown, e che si ritrovano a distanza di anni, ormai adulti complicati e folli nella stessa Ashdown, diventata intanto una clinica dove si curano i problemi del sonno. 

E' intorno a Sarah (la protagonista) che girano le storie degli altri personaggi, i quali hanno a che fare con il sonno , ma in un modo tutto loro.

Chi dorme troppo (il giovane Terry) e chi non dorme affatto (Terry da adulto) che sogna da sveglio di girare un film che richiederà 50 anni di riprese.

Chi fa del tutto per dormire sempre meno, Gregory, che ha la mania di spiare
il sonno degli altri e che diverrà il medico responsabile di oscuri esperimenti nella clinica di Ashdown.

Chi non riesce a capire dove finiscono i sogni e inizia la realtà (Sarah).

E poi ci sono Veronica e Robert innamorati entrambi di Sarah.

Questa storia mi ha stupito, commosso, divertito e fatto capire fino a dove può arrivare l'amore..

 

 

LETTERE D'AMORE - Sibilla Aleramo, Salvatore Quasimodo - ( Ed. NICOLODI agosto 2001) di Velabianca

 

Il titolo del libro può trarre in inganno un distratto lettore, che pensa di avventurarsi nella sola lettura di un epistolario amoroso. E' anche questo, ma rappresenta anche l'incontro fra due figure che sono state così rappresentative della cultura e della letteratura italiana del XX Secolo: due personaggi la cui fama è stata ( ed è ancora ) nota in tutto il mondo.

Sono lettere d'amore appassionato: in cui Sibilla Aleramo non nasconde il suo lato più femminile. Lei la scrittrice femminista per eccellenza, lei che a quasi sessant'anni ( e con quale vezzo lo dice!) si innamora di un giovane trentenne.

Lei che sentimentalmente aveva un matrimonio fallito e una serie di "vagabondaggi" amorosi ( un legame con lo scrittore Giovanni Cena, una relazione tempestosa con il poeta Dino Campana.)

Sibilla era donna particolare, un fascino intellettivo notevole, capace di annotare di sé stessa sul Diario con sconsolata ironia: "Ho fatto della mia vita, come amante indomita, il capolavoro che non ho avuto così modo di creare in poesia".

Avventurarsi nelle " Lettere d'amore" è come entrare nella loro vita privata: si percepiscono tutte le difficoltà di un amore travagliato: la passione di Sibilla e il distaccato pensiero di Salvatore, e nonostante questo la necessità continua di ritrovarsi, forse perché accomunati dagli stessi interessi culturali e spirituali e dallo stesso bisogno di amore e di vita autentica.

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DIARIO MEDITERRANEO - Raffaele Nigro - (Laterza) di Velabianca

" Osservo il mare, la linea dell'orizzonte, come una linea di difesa o un ponte d'acqua."

Dalla finestra del suo ufficio, presso la sede RAI di Bari, lo scrittore osserva il mare azzurro.

La Finisterre salentina è un ponte (e una diga) verso i Balcani.

Per 10 anni segna in un Diario quasi quotidiano gli avvenimenti che si susseguono sul mare Adriatico.

Pone la sua attenzione su tutto il bacino del Mar Mediterraneo e su quanto accaduto di drammatico negli ultimi dieci anni. 

Conflitti, scontri etnici e ondate di milioni di profughi hanno contrassegnato la storia recente del mare nostrum.

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La signora del rinascimento  -  Daniela Pizzagalli  -  Edizioni Rizzoli - di Velabianca

La Signora del Rinascimento rievoca l'affascinante figura di Isabella d'Este, nata a Ferrara nel 1474, sposa nel 1490 del marchese di Mantova Francesco Gonzaga, considerata la "prima donna" del suo tempo per cultura, personalità e intelligenza.
 
"Ma Isabella non era mai di gran conforto, nei lutti: volgeva la testa e guardava avanti, soprattutto in quel momento della sua vita in cui, arrivato nelle sue mani il potere, giocava da protagonista la partita, senza esitazioni e senza debolezze.

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MEMORIE DI ADRIANO,  di Margherita Yourcenar - Einaudi Editore - di Velabianca 

E' un libro di quei libri che fanno da pilastro in qualsiasi biblioteca.

E' la biografia di un uomo potente, la descrizione di un impero, il ritratto della società romana e dei suoi uomini, basata su studi e ricerche di una vita intera; l'uso della prima persona nella scrittura ci avvicina alla figura imponente di quest'uomo come la stessa autrice spiega nei 'Taccuini di appunti' "Se ho voluto scrivere queste memorie di Adriano in prima persona è per fare a meno il più possibile di qualsiasi intermediario, compresa me stessa. 

Adriano era in grado di parlare della sua vita in modo più fermo, più sottile di come avrei saputo farlo io".

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AURA, di Carlos Fuentes - Ed. Saggiatore - di Velabianca

 
A volte mentre si gira in libreria fra gli scaffali, il nostro sguardo viene attirato da una copertina.  La mano si allunga e mi ritrovo ad osservare la riproduzione di uno stupendo quadro di Diego Riveira del 44 " Nudo con calle".
Il caso vuole che io da tempo abbia quella riproduzione nel mio computer e che la utilizzi da sfondo.

Non conosco l'autore del libro, ma è ovvio che uscirò con quel piccolo libro.....

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La porta del diavolo (La passe au diable), di Frédéric Richaud Ponte alle Grazie (Il Cerchio) - di Velabianca

Nel 1999 Ponte alle Grazie pubblicò la prima opera di Frédèric Richaud  " Il Signor Giardiniere",  un romanzo molto originale costruito intorno alla figura realmente esistita di La Quintinie, il giardiniere addetto da Luigi XIV alla cura degli orti di Versailles, che si lascia morire, quando si rende conto del contrasto tra lo sfarzo e lo sperpero per realizzare la reggia e la miseria in cui vivono i contadini e gli operai addetti alla costruzione.....

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Stella meravigliosa, di Yukio Mishima - Ed. Neri Pozza - di Velabianca

 

 "Fu allora che Akiko scorse un punto luminoso nel cumulo di nubi oscure. Toccò la spalla di Takemiya per attirare la sua attenzione su di esso. Si aggiunse un altro punto, infine furono tre. Scendevano sempre più grandi verso il mare, in formazione. Quando si avvicinarono apparvero nella loro nitida forma di dischi volanti." .....

Stella Meravigliosa è il romanzo in cui lo scrittore giapponese Mishima Yukio immagina l'umanità sull'orlo del collasso atomico, soccorsa da una serie di apparizioni di dischi volanti in tutte le parti del mondo, dischi che fanno prendere coscienza ad una famiglia giapponese di essere in realtà degli extraterrestri....

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